Eccoci all’ultima passeggiata del 2019 su Papa Alessandro VII (svoltasi giovedì 5 settembre nel centro di Siena); gli scopri teller dei corsi di Scrittura Creativa di SienaSalute condotti da Arsenio Siani si sono cimentati in racconti ispirati alla passeggiata organizzata dalle guide Federagit Confesercenti. Le “avventure” continuano, vi terremo aggiornati sulle prossime iniziative perché Le “scoperte” non finiscono qui!
Buona lettura!
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1.Alessandro VII
di Stefano Bergonzini
Salve, mi presento, mi chiamo Fabio Chigi.
Non vi dice molto, giustamente.
Attenzione, sono sufficientemente importante da essere presente su WIKIPEDIA.
Non è uno scherzo, se non ci credete controllate.
Provate a cercare Alessandro VII.
Perché Alessandro VII ? beh, diciamo che era il mio “nome d’arte”
Sembra un nome da re, in realta’ sono stato ancora piu’ importante.
Sono stato uno dei 266 papi della chiesa cattolica.
Tanta roba…
Peccato non mi conosca quasi nessuno, probabilmente neanche la maggior parte dei mie concittadini.
Eppure il mio cognome vi avrebbe dovuto aiutare.
Chigi, che diamine…
Ebbene si, sono stato papa, per 12 anni, dal 1653 al 1665.
Probabilmente non sono tanto famoso perché mi sono limitato a fare il papa.
Nessuna guerra, nessun scandalo, nessun figlio illegittimo.
Nessuno “scheletro nell’armadio” neanche prima della mia elezione.
Di seguito il mio C.V.
Nato in una famiglia di banchieri.
Ottimi studi (3 lauree) al termine dei quali mi trasferisco a Roma e comincio una brillante carriera nella curia.
Quindi un po’ in giro come ambasciatore del papa, mica solo in Italia, anche in europa.
Quindi sacerdote, vescovo , cardinale e segretario di stato.
Niente da dire, una brillante carriera.
Mi fanno papa durante il conclave del 1655, ma solo perché le 2 opposte fazioni non riuscivano a mettersi d’accordo.
Verrebbe da dire che riguardo alla meritocrazia non è cambiato molto…
Comunque diciamo che non me la prendo se sono in pochi quelli che mi conoscono.
Anzi, non mi interessa proprio, io non ero ambizioso.
Io amavo l’arte, la letteratura.
Io volevo fare l’architetto o il poeta, non il papa.
Ho anche scritto una raccolta di poesie in Latino, pubblicata!!!
Per fortuna che , nella mia posizione, qualche soldino per i miei capricci ce l’avevo…
Penso di poter affermare che il “Barocco Romano” è opera mia.
Pure i miei concittadini dovrebbero essermi grati.
La meravigliosa “Cappella della Madonna del voto” del vostro Duomo, secondo voi chi l’ha commissionata.
Ma non vi preoccupate, non serbo rancore.
Del resto, nella mia posizione…
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2.I due Alessandro senesi, il destino di un uomo
di Arsenio Siani
L’uomo passeggiava per le strade della città di Siena. Il modo di camminare, con la testa piegata e le braccia incrociate dietro la schiena, rivelavano la sua alienazione rispetto al mondo esterno. Era perso nei suoi pensieri, totalmente immerso in quel vortice mentale che lo rendeva diverso. Un misto di solennità e bizarria emergeva dalla sua figura, e le reazioni di coloro che lo incontravano erano infatti di timoroso rispetto o di diffidente disprezzo. Il suo sguardo era costantemente fisso sulla strada e ciò lo portava ad urtare, di tanto in tanto, qualcuno che incrociava lungo il suo cammino.
“Guarda dove vai!” urlavano alcuni, protestando vivamente.
“Mi scusi, sua eccellenza” rispondevano altri.
La reazione dell’uomo era sempre la stessa. Sollevava per un attimo la fronte, guardava negli occhi l’individuo con sguardo feroce e tagliente poi, senza proferire parola, apriva il libro che teneva tra le mani dietro la schiena e iniziava a leggere qualche rigo. Si congedava così, mentre teneva il naso ficcato tra le pagine, a nutrirsi avidamente di quel mondo letterario che tanto amava.
Niente e nessuno sembrava riuscire a distogliere la sua attenzione da quel ricco mondo interiore pregno di sensazioni ed emozioni che lo tormentavano talvolta, e che in altre occasioni lo riempivano di beatitudine. In alcuni momenti gli compariva un sorriso radioso sul volto, spalancava gli occhi e guardava l’orizzonte lontano, apriva la bocca manifestando un senso di stupore e meraviglia, come se notasse per la prima volta l’azzurro del cielo, la forma delle nuvole o le piroette degli uccelli in volo.
Altre volte esprimeva una tale angoscia, corrucciando la fronte, mordendosi il labbro inferiore coi denti e stringendo le palpebre degli occhi, da attirare l’attenzione dei passanti che mossi a pietà, si avvicinano per assicurarsi che stesse bene.
Era realmente un alieno che non aveva nulla da spartire con gli altri e con l’ambiente esteriore. Il suo animo era in grado di schermare il suo essere così che il mondo al di fuori di lui non potesse influenzarlo. Aveva una vita autonoma, ogni sentimento, sensazione ed emozione che emergeva dentro di lui era totalmente suo, senza condizionamenti esterni. Anche la vista della casa paterna, situata nel Casato di sotto, in cui era nato e sotto cui stava passando, non gli suscitava nessuna emozione. La osservò per un istante, poi distolse lo sguardo, come se avesse visto qualcosa di poco conto, e continuò il suo passeggio.
D’un tratto si sentì chiamare. “Fabio Chigi”
Si voltò ma non vide nessuno. Le persone che gli erano attorno stavano camminando e passavano oltre di lui senza fermarsi, quindi nessuno tra questi lo aveva chiamato.
Pensò ad uno scherzo, sollevò le spalle e sbuffò, imprecando interiormente per la perdita del suo prezioso tempo per verificare chi lo stesse chiamando.
Riprese il suo passo ma dopo pochi secondi ecco nuovamente quella voce. “Fabio Chigi”
Si voltò di scatto, sperando così di beccare sul fatto il buontempone che si stava divertendo alle sue spalle. Anche stavolta non notò nessuno. Alla sua sinistra, poco più avanti, c’era un’osteria, al cui ingresso troneggiava un’immensa botte piena di vino, talmente grande da poter celare un uomo alla vista. Fabio Chigi si avvicinò con aria furtiva, pian piano, infine con un balzo fu dietro la botte, convinto di trovarci l’uomo che si stava facendo beffe di lui. Tuttavia, non c’era nessuno. Si guardò nuovamente intorno, con aria spaesata, poi si grattò la nuca, nervosamente. Si avviò in su, con passo svelto, come se dovesse fuggire da qualcuno. Poi s’infilò per le scalette che conducono nel vicolo delle Lombarde, attraverso cui giunse infine in Dupré. Da lì si mosse verso la piazza, cercò di confondersi tra la folla così da seminare il misterioso pedinatore. Proseguì la sua fuga in pantaneto, divincolandosi tra mercanti, carrozze e cavalieri. Si fermò davanti alle Logge del Papa e da lì iniziò a scrutare la strada davanti a lui, così da avere la situazione sotto controllo. Tuttavia la voce tornò. “Fabio Chigi”. Stavolta fu però diverso, come se la voce, quasi ridotta ad un sussurro, fosse dentro la sua testa.
“Chi sei tu?” urlò Fabio. Ma la voce ripeté solamente “Fabio Chigi”, e poi ancora, ancora e ancora, come una cantilena dal ritmo funebre ed inquietante. Fabio iniziò a correre a perdifiato dirigendosi verso porta Romana. Di tanto in tanto urlava “aiuto!” tuttavia nessuno poteva capire quale fosse la sua situazione di pericolo. In realtà non lo sapeva neanche lui, tutto ciò che era riuscito ad intuire era un senso di velata minaccia in quel modo di pronunciare ripetutamente il suo nome.
Giunse infine all’incrocio con via di Fiera Vecchia, dove sorgeva un cantiere per consentire la costruzione di una chiesa, voluta da un parente di Fabio, il nobile Aurelio Chigi. Si rifugiò nella strada, accovacciandosi dietro una pila di assi di legno. Ansimava per la paura e per lo sforzo della corsa, il cuore gli batteva all’impazzata, sudava freddo ed iniziò a tremare vistosamente. Si affidò alla preghiera, pronunciò il Padre Nostro per allontanare la paura dal suo cuore ma non servì a nulla.
“Non invocare invano il nome di Dio.” Una figura incappucciata comparve davanti a lui.
Fabio Chigi balzò in piedi, stese le braccia in avanti mentre continuava a stringere tra le mani il libro, come se volesse usarlo come scudo. “Chi sei?” chiese di nuovo. “Cosa vuoi da me?”
“Non serve invocare Dio se la paura è solo nel tuo cuore. Non c’è nulla da temere. Non affidati a nostro Signore per vincere le tue debolezze. Dio interviene a proteggere i giusti quando la minaccia e reale, e la sofferenza e la paura hanno ragion d’essere.” L’uomo incappucciato parlò noncurante delle richieste di spiegazioni da parte di Fabio. Infine disse “Alessandro”.
“Co-cosa?” balbettò Fabio, ancora in preda al panico. “I-io non mi chiamo Alessandro. Mi stai dicendo che quello è il tuo nome?”
“È il mio nome, ma anche il tuo” rispose l’uomo incappucciato.
“Co-co-cosa?” ripeté Fabio. “Tu devi essere un pazzo! Insomma cosa vuoi da me?”
Fabio parlava ad alta voce nella speranza che i passanti su via Roma fossero attratti dalle loro urla, tuttavia non ci fu nessuna reazione da parte loro, come se loro due si trovassero in un ambiente ovattato e nessun rumore potesse propagarsi da lì.
“Siamo entrambi Alessandro “ continuò l’uomo col cappuccio. “Fui Rolando Bandinelli, figlio di Ranuccio, come te fui senese, e come te fui Papa, ricordato dai posteri come Alessandro III.”
“Ma..ma cosa stai dicendo? Io non sono Papa” disse Fabio.
“Lo sarai. Ed avrai il mio nome. È nel tuo destino. Tra pochi giorni ti recherai a Roma ed inizierà i il tuo percorso d’iniziazione nella Santa Romana Chiesa.”
Rolando si tolse il cappuccio e guardò negli occhi Fabio. Quest’ultimo lo riconobbe, sapeva chi fosse, aveva visto il suo viso negli innumerevoli ritratti realizzati in suo onore. A Siena tutti conoscevano la sua storia, sapevano che fu un pontefice forte e battagliero, capace di opporsi a Federico Barbarossa durante gli anni bui delle guerre dei germanici in Italia.
“Sei davvero tu. Ma com’è possibile? “ chiese Fabio, stavolta con voce calma. Qualcosa dentro al suo cuore era cambiato.
“Sono qui per lanciarti un monito. È scritto che diverrai Papa, le cause che hai messo nel passato determineranno questa conseguenza nel tuo futuro. Perché tu possa essere un eccellente Papa è necessario però che torni ad avere interesse per il mondo. L’indifferenza che attualmente provi per il prossimo, la mancanza di compassione per le sofferenze altrui e per gli eventi che si svolgono intorno a te rischiano di minare la tua essenza e di impedirti di compiere la tua missione.”
Fabio si avvicinò, nel tentativo di toccare Rolando, ma questi fece un passo indietro per allontanarsi da lui. Fabio voleva essere sicuro che quella figura fosse reale e che non fosse il frutto della sua immaginazione.
“Cosa devo fare?” chiese Fabio.
“Prendi esempio da me. Segui i miei passi. Io ho amato l’uomo, e il tempo in cui vissi. Erano anni terribili, un’epoca di sangue e spada, ed io cercai di renderli migliori. Cercai di dare una speranza all’umanità rinnovandone lo spirito attraverso le arti. Commissionati opere importanti, posai la prima pietra del Duomo di Siena. Tutto per elevare le anime verso il cielo. Continua la mia opera.”
Rolando sollevò un braccio ed indicò col dito le fondamenta su cui si stava edificando la chiesa. “Porta a termine quest’opera, iniziata dalla tua famiglia. Costruisci. Crea. Così da rinnovare il tuo interesse per il mondo. “
Fabio fece un passo verso il cantiere e stette per qualche istante in contemplazione. Poi si voltò. Rolando non c’era più. Sparito. Si guardò intorno, poi diede un’ultima occhiata al cantiere. Mentre camminava per le strade di Siena iniziò a fantasticare su ciò che avrebbe potuto fare per la sua città. Al messaggio di cambiamento e speranza che avrebbe potuto trasmettere ai suoi concittadini, ma forse anche al mondo intero, utilizzando l’arte per forgiare animi coraggiosi e speranzosi. D’un tratto l’ambiente esterno aveva ripreso ad interessargli. Era tornato a prendere vita ai suoi occhi.
Era l’anno 1626. Come predetto da Rolando, dopo poco tempo Fabio si trasferì a Roma. Iniziò la sua carriera ecclesiastica, ed a promuovere opere che simboleggiassero la sua fede. In Dio, ma anche negli uomini. La chiesa di San Raimondo al Rifugio fu terminata sotto il suo pontificato, divenendo simbolo di quel legame che lo univa al suo illustre predecessore, uniti nel nome e nello spirito dal proprio senso di missione.
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3.Alessandro VII
di Silvio serri
Queste escursioni culturali mi riempiono di emozioni. Il ritrovo come di consueto è in piazza del Campo presso Fonte Gaia in una sera di mezza estate. Indosso l’auricolare ed ascolto l’azione del personaggio. Inizio a fantasticare il passato della magica Siena che, con tutte le sue viuzze, i suoi palazzi e le opere d’arte richiamano l’atmosfera magica. Lungo il percorso penso di essere accompagnato da un lontano parente di papa Alessandro VII, ovvero dal suo nipote Alessandro Zondadari, arcivescovo di Siena nel 1715. Mi dice “vieni ti accompagno. Come ti chiami?
Rispondo:” Silvio.”
“Si va al casato dov’è la casa natia del mio zio? Vedrai che palazzo maestoso, il mio prozio era un uomo di Fede ma anche amante dell’architettura. “
Dopo la visita a palazzo Sansedoni ci dirigiamo presso porta Follonica. Lui mi dice: “Guarda che non ti porto al mare, il nome Follonica fa riferimento alla follatura dei panni. Poi devi sapere che il mio prozio prese in carico la cappella della Madonna del voto commissionando un’ideologia sulla battaglia di Montaperti realizzata su un retablo da Donatello. Alessandro VII diede una svolta nell’architettura allestendo sempre di più la sua città, dandole maggiore bellezza.”
“Eminenza” chiedo, “posso fare una domanda?”
“Ma certo”, esclamò.
“Ma il furto delle 8 colonne che furono rubate a Roma come andò?”
“Silvio hai un nome che mi ricorda qualcuno. Comunque ti voglio rispondere, un fatto è certo, quello del furto è pura leggenda ma le colonne che erano a Roma adesso sono a Siena. Ora ti devo lasciare.”
Continuo da solo, una luce si accende e sono ritornato in compagnia del mio gruppo. Concludo questa esperienza aprendo una porta e lassù socchiudo lasciando uno spiraglio per la prossima estate.
Grazie a tutti!