“Sai come si mangia un elefante? Un boccone alla volta”.
Nel 2009 uno studio dell’università di Stanford ha dimostrato che il nostro cervello non è programmato per processare più attività nello stesso momento e quindi è più produttivo se si affronta una cosa alla volta.
Il multitasking è diventato un termine comune nel nostro linguaggio quotidiano e un’aspettativa consolidata nel mondo del lavoro moderno. Siamo continuamente bombardati da notifiche, email e messaggi, e ci si aspetta che sappiamo gestire più attività contemporaneamente. Tuttavia, numerosi studi hanno dimostrato che il multitasking non solo non è efficiente, ma può anche avere effetti deleteri sulla nostra capacità di concentrarci e sulla nostra salute mentale.
Il concetto di multitasking implica l’idea di poter eseguire più compiti contemporaneamente. Tuttavia, il cervello umano è progettato per concentrarsi su un compito alla volta. Quando tentiamo di svolgere più attività nello stesso momento, in realtà stiamo semplicemente oscillando rapidamente tra esse. Questo “switching” di attenzione può portare a un calo della produttività e a un aumento degli errori. Uno studio condotto dalla task force della Stanford University ha rilevato che i multitasker abituali hanno maggiori difficoltà a filtrare le informazioni irrilevanti e a organizzare il proprio pensiero.
Oltre a compromettere l’efficacia lavorativa, il multitasking eccessivo può avere ripercussioni sulla salute mentale e fisica.
Un’altra ricerca dell’University of Sussex ha dimostrato come i danni al cervello per chi pratica multitasking siano permanenti. Gli studiosi, infatti, hanno condotto esami sul cervello delle persone che passano il tempo usando diversi strumenti digitali, ad esempio inviando messaggi con il cellulare mentre guardano la tv, e i risultati sono stati sorprendenti.
Le immagini ottenute con la risonanza magnetica hanno provato che chi pratica il multitasking ha una densità inferiore agli altri nella corteccia anteriore cingolata, ossia la regione responsabile dell’empatia e del controllo cognitivo ed emotivo.
Alcuni effetti collaterali sono:
• Stress e Ansia: passare da un compito all’altro senza sosta può aumentare i livelli di stress, portando a sensazioni di sopraffazione e ansia.
Daniel J. Levitin – neuroscienziato e psicologo statunitense – nel suo libro The organized Mind: thinking straight in the in the Age of Information Overload (Dutton Books, 2014) sostiene che quando lavoriamo in modalità multitasking, il rapido passaggio da un’azione a un’altra (context switch) comporta un notevole impegno cognitivo e provoca un incremento della produzione di cortisolo – che regola lo stress e può portare ad atteggiamenti aggressivi – e di adrenalina, l’ormone che ci mantiene in allerta.
• Affaticamento Cognitivo: La continua richiesta di attenzione e la necessità di riconfigurare il cervello per ogni attività possono portare a un affaticamento mentale.
Come sostiene Levitin, il multitasking comporta un più rapido esaurimento di glucosio ossigenato, la sostanza che ci consente di rimanere concentrati. Lavorare in questa modalità quindi causa spossatezza e stanchezza anche solo dopo poche ore.
• Diminuzione della Creatività: La mancanza di concentrazione e l’incapacità di dedicarsi profondamente a un compito possono limitare la nostra capacità di pensiero critico e creativo.
Fortunatamente, esistono strategie efficaci per difendersi dalla trappola del multitasking e ottimizzare la nostra produttività.
Ecco alcuni suggerimenti:
Tuttavia ci sono circostanze in cui può essere opportuno praticare il Multitasking, per esempio nello svolgere attività ripetitive o di bassa intensità.