La situazione di pericolo pandemico ci mette in condizione di reagire sia col corpo che con il cervello in un modo non necessariamente consapevole ma possiamo avere un contatto ed un controllo efficace sulle nostre reazioni emotive.n presenza di una minaccia non ci comportiamo come nella normalità, anche se non ce ne rendiamo spesso conto. In assenza di pericoli incombenti ci sentiamo al sicuro nelle nostre vite e viviamo la nostra quotidianità con sensazione di efficacia, controllo sulle situazioni, siamo a contatto con le esperienza che facciamo e manteniamo un buona qualità di pensiero e lucidità.
Quando invece ci troviamo ad affrontare un pericolo come è successo con il Coronavirus il nostro cervello manda un messaggio di allarme con conseguenze che vanno principalmente in due direzioni. In funzione della sopravvivenza, si può andare in uno stato di iper-vigilanza che ci fa sentire agitati, ansiosi, irrequieti, insonni. Come se fossimo sempre pronti ad attaccare o fuggire, pronti per scattare. Aumenta il battito cardiaco e la frequenza respiratoria, è il sistema nervoso autonomo simpatico che si è attivato.
Ancora oltre si va nel cosiddetto “freezing”, l’irrigidimento muscolare che arriva al blocco, come un animale abbagliato nel mezzo della strada che non riesce a spostarsi, esperienza di paralisi spesso riportata da chi ha vissuto un attacco di panico. Sul piano del comportamento se siamo in “attacco” potremmo sentire che non riusciamo a fermarci, svolgiamo diverse e frenetiche attività , il corpo non riposa mai e controvoglia. Le emozioni e le sensazioni sono amplificate, è frequente che l’irritabilità sfoci in scoppi d’ira. Se siamo in modalità “fuga” possiamo isolarci così¬ come distrarci con attività che aiutino a non pensarci. Al contrario, se si attiva il sistema nervoso parasimpatico che si occupa del risparmio energetico anziché dell’attivazione, possiamo sentirci rallentati, stanchi, apatici. Si avverte un torpore fisico ed emotivo.
È la cosiddetta “morte apparente”, quando percepiamo che non è possibile né attaccare né fuggire, come in tutto il regno animale attiviamo la difesa della finta morte per ingannare il predatore. Ci si sente distaccati, distanti, un po’ increduli. Capire la propria tendenza reattiva sul piano emotivo, comportamentale e fisico, ci orienta su eventuali esercizi di regolazione degli stati interni. Quindi andremo a cercare esperienze di rilassamento, di respirazione e centratura mindfulness nel caso dell’ipervigilanza mentre nel caso del torpore, anche qui è importante la respirazione oltreché tecniche di attivazione fisica che facciano circolare e sentire l’energia del proprio corpo, a riattivarlo e svegliarlo. È importante sapersi regolare perché si possa rientrare in quello stato di benessere e di produttività di quando ci sentiamo al sicuro.