L’American Pain Society (APS) suggerisce di intervenire sul trattamento del dolore cronico attraverso un approccio che sia multidisciplinare e che preveda, in particolare, l’uso della Terapia Cognitivo-Comportamentale.Studi recenti dimostrano che molti pazienti con fibromialgia che hanno intrapreso un percorso integrato in tal senso, hanno migliorato l’umore, la sensazione di affaticamento e stanchezza e hanno sviluppato una gestione più funzionale del dolore percepito.
Accettare di vivere con un dolore cronico richiede non solo una grande forza d’animo ma soprattutto una rappresentazione personale del dolore stesso per imparare a non considerarlo come fosse un nemico. La Fibromialgia porta con sé proprio tali caratteristiche: i pazienti che ne sono affetti riferiscono un dolore persistente e diffuso in tutto il corpo che, talvolta, porta ad una rigidità degli arti e ad una contrattura muscolare. Tali specifiche conducono, dunque, tra le altre sintomatologie, alla sensazione di non percepirsi completamente padroni del proprio corpo.
Più da vicino, l’esperienza che posso portare alla luce come testimonianza di percorsi che ho affrontato con i miei pazienti fibromialgici, vede la “svolta” nell’impegno a vivere considerando i “nonostante”, nella disponibilità ad accogliere ciò su cui non è sempre possibile esercitare un controllo volontario e nell’accettazione di ciò che non si può cambiare. Parte di un percorso di supporto psicologico a matrice cognitivo-comportamentale, è fondato sul provare a dare un proprio senso alla sofferenza che si sperimenta. In terapia, infatti, l’obiettivo è quello di co-costruire insieme al terapeuta significati che diano un ruolo alla spirale di paura, disperazione, angoscia e frustrazione nella direzione di scelte e azioni che risultino adattive e funzionali.
Vivere con la fibromialgia, così come con altre patologie con dolore cronico, vuol dire affrontare un trauma che esso stesso per definizione, è intollerabile e insopportabile. Va da sé che il bisogno sperimentato come primario è quello di “andare oltre” il trauma. E, allora com’è possibile poterci riuscire? All’interno della loro relazione, paziente e terapeuta, riorganizzano il sistema di valori a cui poter fare affidamento in vista del raggiungimento di una stabilità interiore che risiede nell’immagine e nell’ideale di ciò che si vorrebbe sperimentare. Dunque, si lavora insieme per comporre un equilibrio che miri a identificare quelli che possono essere i pensieri utili e che fanno bene, diversamente da quelli che non sono utili e che generano ulteriore senso di angoscia. Nel corso della terapia, vengono insegnate al paziente diverse tecniche di gestione dell’esperienza dolorosa e di defusione dal processo di ruminazione che spesso si insinua senza dar vita a riflessioni fruttuose.