Barbara Danielli è Biologa Nutrizionista con Dottorato di Ricerca in Medicina Molecolare e Farmacologia, è specializzata nello studio di disbiosi intestinale, disturbi del comportamento alimentare e intolleranze. È appena uscito il suo secondo libro dal titolo “La sede del gusto” edito da Extempora di Siena. Un libro ricco di informazioni preziose, spunti e riflessioni sulla nostra alimentazione. Curiosità, scienza e psicosomatica si mescolano per dare al lettore un quadro completo della sede del gusto capovolgendo ciò che si pensa comunemente. Il gusto risiede nel cervello o nella pancia? Abbiamo rivolto qualche domanda alla Dottoressa Danielli per saperne di più.
-Come nasce l’idea di questo libro e a chi è rivolto?
L’ispirazione che mi ha portato a scrivere è arrivata durante la stesura del mio libro precedente, “Vivere di pancia”. Più mi addentravo nell’universo dell’alimentazione e più mi sorgeva la domanda dell’origine del gusto. Visto l’argomento di interesse per tutti, ho cercato di descrivere questo viaggio tra i segreti del gusto e il comportamento alimentare rivolgendomi ad un ampio pubblico, sebbene in alcune parti abbia approfondito aspetti più medico-scientifici per gli addetti ai lavori, senza tuttavia distogliere troppo l’attenzione del lettore meno preparato in materia, che potrà parimenti beneficiare di spiegazioni semplici e intuitive.
-Nel libro parla del fatto che abbiamo dei recettori del gusto lungo la parete intestinale e questo sottolinea il ruolo centrale della pancia nelle scelte alimentari. Ne aveva già parlato nel libro precedente, “Vivere di pancia”, dove sottolineava la connessione tra emozioni e microbioma. Il gusto, dunque, risiede nel cervello o nella pancia?
Come già accennato, i due libri si possono veder uniti ad un comun denominatore che si individua nel microbiota. Dalle sorprendenti scoperte degli ultimi anni è scaturita l’attenzione verso la scelta alimentare e come essa possa essere tuttavia distorta in condizioni di malessere. Dalla lettura del libro si potrà capire che la sede del gusto è individuata al centro dell’alimentazione stessa e del potere che essa possiede sulla mente e sul corpo.
-Qual è la differenza tra gusto e sapore?
Spesso nel linguaggio comune i due termini si utilizzano come sinonimi ma la realtà è diversa. Il gusto si individua come una caratteristica chimica attribuita agli ingredienti e captata da bottoni gustativi. Il sapore, un mix tra gusto e olfatto, è riconosciuto dal cervello e costituisce la base psicologica e psicofisica dell’appetito.
-Non sempre è facile districarsi tra i cibi del nostro quotidiano e così cibi che ci sembrano salutari, come per esempio i cornflakes o le fette biscottate, in realtà, nascondono una verità importante perché contengono alte quantità di sale che danneggiano la nostra salute. Perché è importante evitare quei cibi il cui sapore dolce, come le merendine per esempio, è spesso accompagnato da una elevata quantità di sale?
Come spiegato nel libro, il potere del cibo è nascosto nei gusti che non percepiamo a livello del cervello ma che sono individuati dal nostro intestino, condizionandolo. L’industria alimentare è consapevole di questo fattore e ne fa uso per indirizzarci verso una determinata scelta di gusto. Nel libro si potranno leggere alcuni esempi evidenti di manipolazione e gli effetti psico-fisici innescati.
-Nel suo libro parla dei gusti del cervello differenziandoli tra cervello dolce, cervello salato-umami, cervello-carboidrato-ibrido e cervello grasso. Nella sua esperienza quale tipologia è più frequente trovare? E ci sono persone che possiedono tutti i cervelli descritti?
Questa è una domanda molto intrigante. Non sono in grado di dimostrare un valore statistico accertato, pur tuttavia dopo anni che svolgo il lavoro di Nutrizionista ritengo che il cervello più comune sia quello carboidrato-ibrido. Dobbiamo però considerare il fatto che, la stragrande maggioranza di coloro che si rivolgono a me, ha problematiche di peso e rapporti conflittuali con il cibo. Tali individui sono proprio i portatori del cervello sopracitato. Riguardo il fatto di avere più tipi di cervello, non è possibile possedere nello stesso momento tipologie diverse ma è verosimile cambiare cervello nel corso della propria vita. Ho descritto questo meccanismo per spiegare come il gusto non sia statico ma dinamico in ognuno di noi.
-Nel caso del cervello dolce, per esempio, come ci si può “disintossicare” da esso visto che per molte persone è di vitale importanza mangiare il dolce dopo un pasto o preferire una merendina invece della frutta quando si avverte la fame?
Su questo aspetto ho illustrato varie tecniche a cui si può attingere per disabituare il cervello in testa e in pancia al gusto dolce. La consapevolezza di ciò che vogliamo, sul piano alimentare, è la chiave per resettare un palato squilibrato.
-Invece quando tratta del cervello salato, dice che lo yoga o le pratiche meditative possono essere di aiuto nei comportamenti compensativi, in che modo?
Non dobbiamo sottovalutare mai l’importanza che esercita il cervello stressato sulle scelte alimentari. Tutte le discipline e tecniche meditative che riequilibrano il corpo e la mente incidono prepotentemente sulla volontà del cibo e permettono di ripristinare il corretto pH del corpo. Il motto latino mens sana in corpore sano dovrebbe essere rivalutato in molti aspetti del concetto di benessere.
-Nel libro parla di come nascono le preferenze dei cibi e delle avversioni dicendo che dipendono da un mix di variabili. Quali sono quelle principali? Ha a che fare anche con l’eredità dei nostri genitori?
Quando affronto i disturbi alimentari rimango colpita dal fascino ipnotico che il cibo esercita sulla mente. Ogni persona possiede un background e una personale enciclopedia di gusti a cui attinge continuamente nel corso della vita. Questa intima conoscenza è l’insieme di apprendimenti acquisiti in svezzamento, in adolescenza, dalla società, dal proprio credo a cui si uniscono le caratteristiche familiari ereditate. Il mix si fonde armoniosamente per formare il gusto personale. Ciò che mangiamo è quello che siamo.
-La voglia di cibo è una esperienza multisensoriale perché include aspetti cognitivi, emotivi, comportamentali e fisiologici. Cosa succede se anche solo uno di questi aspetti non è in equilibrio con gli altri?
La risposta è disarmante per quanto semplice: nasce un vero e proprio malessere. Se non tempestivamente trattato e affrontato, si attuerà un comportamento compensativo psico-fisico che condurrà ad un quadro patologico.
-Nel libro cita il fenomeno del food craving (noto anche come fame nervosa), quella voglia irresistibile di un cibo (come per esempio una voglia improvvisa di un cucchiaio di crema di nocciola) che però al 99% non è fame, da cosa deriva questo desiderio e come possiamo evitarlo?
Ho ritenuto opportuno dedicare un paragrafo a parte alla fame nervosa, in quanto troppo spesso è sottovalutata o peggio ancora non compresa. Solo la comprensione che il food craving nasce dal bisogno di conforto, può farci capire come gestirlo tramite alcune tecniche semplici descritte nel testo.
-Mangiare in modo consapevole ci consente di costruire una buona relazione con il cibo. Quali buone pratiche possiamo adottare?
Anzitutto non affrontiamo il cibo come un nemico-amico. Nutrire il corpo deve essere vissuto come un atto per fornire energie positive anche per la mente e per l’anima. Lo scopo del libro è anche quello di dare delle chiavi di lettura per comprenderci e farci vivere al meglio l’alimentazione.
-Cosa ne pensa del futuro del cibo, in particolare il mangiare insetti di cui si è parlato recentemente anche in relazione ai suoi studi relativi alla sede del gusto?
La scelta del cibo è strettamente personale e immersa nella società in cui viviamo, da non confondere con il luogo in cui abitiamo. La globalizzazione ci ha fatto perdere di vista l’alimentazione tipica di un territorio e della popolazione lì sviluppatasi. Solo conoscendo le origini del cibo, il gusto apportato e il fabbisogno personale possiamo compiere le scelte più adatte per il benessere soggettivo. Le mode lasciamole sui social.
-Quale messaggio le piacerebbe rimanesse impresso nel lettore dopo la lettura del libro “La sede del gusto”?
Mi auspico di poter far sorgere un interesse maggiore sulla scelta di cosa mettere nel piatto ogni giorno, per raggiungere un benessere a 360°. Se al termine del libro il lettore comincerà a porsi con un atteggiamento dubbioso e allo stesso tempo rispettoso verso il cibo, allora il messaggio è arrivato.