La cosiddetta “ricetta medica”, o più propriamente detta “prescrizione” è un documento (quindi niente “ritocchi” o aggiunte del paziente o di altri che non siano autorizzati) mediante il quale il professionista abilitato (medico chirurgo, odontoiatra, veterinario) autorizza il farmacista (che deve necessariamente indossare camice bianco, spilla dell’ordine dei farmacisti e il badge – di recente introduzione – con nome, cognome e numero di iscrizione all’Ordine) e nessun altro a consegnare determinati tipi di medicinali potenzialmente più pericolosi di quelli vendibili liberamente, oppure richiede una prestazione sanitaria.
La prescrizione medica per la fornitura di farmaci può a sua volta essere “rosa” o elettronica (promemoria cartaceo o “ricetta dematerializzata”, valida in tutto il territorio nazionale) p
er i farmaci a totale o parziale carico del Servizio Sanitario Nazionale, ma anche redatta su semplice carta bianca (dati obbligatori: timbro e firma originale del medico, data di redazione e, ovviamente quantità e qualità dei medicinali prescritti) da professionisti privati e/o per farmaci a totale carico del paziente. Molto spesso noto confusione negli utenti che ritengono che l’unica vera ricetta sia quella “rossa”/elettronica, mentre altrettanto importante è la ricetta “bianca”, in quanto permette ai farmacisti di capire che dietro l’uso di un farmaco sì a pagamento, ma potenzialmente più nocivo di altri, c’è un medico (chirurgo, veterinario o odontoiatra) che autorizza la terapia. La formula “tanto lo pago, a che serve farmi fare la ricetta?” è estremamente pericolosa in quanto espone il paziente a un rischio, intenzionale o meno, di abuso, effetti avversi (in certi casi anche dipendenza) e il farmacista a una responsabilità che non gli compete. Solo in casi eccezionali la legge permette al farmacista di consegnare farmaci da ricetta senza prescrizione, rilasciando al paziente un modulo che dovrà portare al suo medico di famiglia, ovvero quando si configura una possibilità di danno grave alla persona non coperta dalla terapia abituale (pensiamo all’insulina, ai farmaci per l’asma, agli anti-ipertensivi…), ma tale pratica non è e non deve diventare in nessun modo la norma.
La ricetta “rosa” o elettronica ha validità di 30 giorni (eccetto la prescrizione di retinoidi per l’acne che vale 7 giorni), mentre la ricetta bianca cambia la sua validità in base al farmaco prescritto. Quella per uso umano può valere 10 volte in sei mesi, 3 volte in un mese (ad esempio tranquillanti) o essere “non ripetibile” (il farmacista vi consegnerà la quantità di farmaci prescritta e vi ritirerà la ricetta, che non potrà più essere utilizzata), mentre la prescrizione veterinaria, che dal 16 aprile 2019 è esclusivamente elettronica può valere 5 volte in 3 mesi o essere anch’essa non ripetibile, ma in questo caso il farmacista non è tenuto a conservare nulla: tutto è registrato in un database all’atto della vendita. Qualora la ricetta cartacea sia ripetibile viene timbrata dal farmacista, la data di erogazione, il prezzo e viene restituita.
Come fare a sapere se un medicinale richiede la ricetta? Semplicissimo! Basta leggere sulla scatola!