Nonostante il momento storico che stiamo vivendo sono tante le iniziative in tutta Italia per la cura e la prevenzione delle malattie cardiovascolari. A Siena l’attenzione su questo tema è sempre alta. Per questo, in virtù dell’importanza che il nostro cuore riveste nella nostra quotidianità, abbiamo rivolto qualche domanda al Dottor Flavio D’Ascenzi, medico dell’azienda ospedaliero-universitaria senese e cardiologo dell’Università di Siena, recentemente nominato presidente del Nucleus di Cardiologia dello Sport della Società Europea di Cardiologia Preventiva. Il dottor D’Ascenzi è impegnato nella promozione della prevenzione delle malattie cardiovascolari, con un focus specifico nel campo della prevenzione della morte cardiaca improvvisa.
1. Dottor D’Ascenzi, anche se la fase iniziale di “spavento” in relazione alla pandemia è alle spalle, siamo ancora in piena emergenza e abbastanza esausti di questa situazione di incertezza. Quali sono le sue considerazioni sullo stato attuale delle nostre vite: lo “stress da Covid” fa male al cuore? Come possiamo gestire questa situazione per preservare la nostra salute?
Lo stress, in particolar modo se prolungato o particolarmente acuto, può causare effetti particolarmente negativi, simulando talora anche una forma infartuale importante. Tuttavia, in questo momento storico, abbiamo anche bisogno di gestire al meglio possibile lo stress che si manifesta non solo per il cuore ma anche per tutto il nostro organismo. L’attività fisica in questo momento rappresenta un importante strumento non solo di prevenzione ma anche di gestione dello stress e la sua pratica regolare può favorire il mantenimento dello stato di salute così come aiutare nel gestire l’inevitabile stress -o meglio distress- legato a questo difficile periodo.
2.Che cosa, dunque, è utile fare in questo momento storico così particolare? Quali consigli dare ai cittadini che vogliono “mettere al sicuro” – per quanto possibile – il proprio cuore?
Seguire un adeguato stile di vita, seguendo una dieta varia e bilanciata e praticando attività fisica regolare sono semplici ma fondamentali strumenti per prevenire futuri eventi cardiovascolari e gestire al tempo stesso al meglio il distress legato a questo momento. Ovviamente ci sono delle difficoltà nel praticare attività fisica, legate ad esempio alla chiusura al momento delle palestre. Tuttavia, questi limiti ci hanno insegnato che è possibile superarli e attualmente ci sono varie opportunità di praticare attività fisica che consentono di prenderci cura del nostro corpo anche in un momento come questo.
3.Lei è impegnato nella ricerca, fondamentale per il progresso e l’innovazione. Ci racconta brevemente il suo percorso di ricercatore? Quale futuro ci aspetta nella prevenzione e nelle cure cardiologiche?
Sono particolarmente legato all’attività di ricerca perché ci consente di valutare al meglio cosa stiamo facendo, di migliorare la gestione clinica del paziente e ci permette di aprirci a nuovi orizzonti utili alla cura della persona e al confronto internazionale. La Cardiologia negli ultimi 10 anni ha compiuto passi da gigante nella ricerca, con la scoperta di nuove terapie, di nuove tecnologie e portando ad una migliore conoscenza delle malattie cardiovascolari. Al tempo stesso, però, le malattie cardiovascolari rimangono ancora una rilevante causa di mortalità e di morbidità nella popolazione e questo significa che si può fare ancora molto, soprattutto in alcuni contesti specifici quali ad esempio la personalizzazione della terapia in particolar modo nelle donne così come una maggiore diffusione degli strumenti di prevenzione primaria e secondaria, penso ad esempio alla riabilitazione dopo eventi cardiovascolari, che necessita di ulteriori sforzi.
4.Il suo impegno nell’ambito sportivo in una Città come Siena è notevole, in particolar modo nel campo della Cardiologia dello Sport. Come procedono le attività in questo momento di “stallo”?
Il mondo dello sport ha subito un importante shock legato alla pandemia da COVID-19. Tuttavia, in questo momento così difficile, la ricerca può fornire un contributo fondamentale, in particolare nel settore della Cardiologia dello Sport. Abbiamo infatti tutti voglia di “tornare alla normalità” che per gli atleti significa ad esempio poter tornare a praticare sport dopo aver subito l’infezione da COVID-19. Esistono attualmente dei protocolli specifici per il cosiddetto “return to play”, che deve essere il più sicuro possibile. Siamo pertanto attualmente impegnati come Cardiologia e insieme alla Medicina dello Sport per comprendere quali sono le conseguenze dell’infezione da COVID-19 negli atleti e capire quali sono i migliori strumenti per indagare questi aspetti nei giovani, limitandoci alle indagini più importanti, senza sovraccaricare al tempo stesso il sistema. Una nostra recentissima ricerca, in corso di pubblicazione, dimostra ad esempio che il 3% degli atleti che hanno avuto un’infezione da COVID-19 presentano delle conseguenze cardiache che necessitano di uno stop temporaneo all’attività sportiva e di una ripresa graduale. I nostri sforzi sono pertanto rivolti a portare questo messaggio a tutti gli sportivi. Per me è un piacere immaginare che tutti pratichino sport, ma questo va sicuramente svolto in sicurezza, in particolar modo dopo l’infezione da COVID-19.
5.Per concludere, in un’ottica di prevenzione quale dovrebbe essere l’agenda del cittadino sulla salute del cuore?
Prendersi cura di sé e, quindi, del proprio cuore è qualcosa che ogni cittadino dovrebbe fare ogni giorno, seguendo uno stile di vita adeguato che comprenda una dieta varia e bilanciata, la pratica di attività fisica regolare, lo stop al fumo e un’adeguata gestione dei livelli di colesterolo e glicemia. Le valutazioni cliniche complete da eseguire routinariamente hanno inoltre lo scopo di monitorare lo stato di salute e migliorarlo. Quest’alleanza fra valutazione medica e responsabilità del singolo individuo penso rappresenti la strategia di maggiore successo per prevenire le malattie cardiovascolari o per prendersi al meglio cura di sé dopo che queste sono state riscontrate, al fine di un’adeguata qualità della vita.