La vendita di alimenti biologici è aumentata considerevolmente negli ultimi anni in Italia, dove ben 6,5 milioni di famiglie li comprano abitualmente e 21,8 milioni di famiglie ne fanno un uso saltuario. Gran parte degli intervistati – 76 su 100 – ritengono che gli alimenti biologici possano significativamente migliorare la loro salute e tutelare l’ambiente. Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi articoli scientifici che testimoniano come i cibi biologici facciano abbassare i livelli di insetticidi, erbicidi e fitofarmaci nelle urine di chi li consuma con un effetto protettivo contro patologie gravi come il cancro.
I dati pubblicati da Federconsumatori parlano chiaro: gli alimenti biologici costano di più rispetto ai cibi convenzionali mentre sul fronte scientifico il disaccordo principale risiede sull’uso o meno degli organismi geneticamente modificati (OGM) in agricoltura. L’agricoltura biologica si contrappone al modello precedente (come riportato nel Regolamento Europeo n.834/2007) attraverso un maggior rispetto della fertilità del suolo, delle acque, delle piante e degli animali e un impiego responsabile di tali risorse; nella salvaguardia della biodiversità locale coltivando e allevando razze che si sono adattate ai fattori ambientali presenti nell’area considerata, nel rispettare il benessere animale e le esigenze comportamentali degli animali da reddito e nell’escludere gli organismi geneticamente modificati. Circa metà dei suoli europei hanno un basso contenuto di sostanza organica: questo problema è stato provocato dell’utilizzo costante di fertilizzanti chimici di sintesi per coltivare la stessa cultivar senza permettere al suolo di rigenerarsi naturalmente. Le sostanze chimiche di sintesi, come i diserbanti, fungicidi, insetticidi, una volta utilizzati persistono nell’ambiente oltre che negli alimenti.
L’uso degli OGM in agricoltura biologica non è consentito perché non si conoscono gli effetti a lungo termine di questi nell’ambiente; nell’agricoltura convenzionale, invece, si usano alcune cultivar ottenute da ingegneria genetica come mais e soia sfruttate per lo più come nutrimento per gli animali allevati con metodo intensivo. Sebbene l’agricoltura biologica presenti aspetti positivi è stato dimostrato che la resa è in media inferiore – tra il 20% e il 70% a seconda della coltura considerata – rispetto a quella convenzionale.
L’Italia, con la coltivazione dei terreni agricoli presenti, riesce a soddisfare il 70% della domanda interna mentre il resto viene importato (la cui spesa si traduce in 1,7 miliardi di euro in grano tenero e duro e 2 miliardi di euro per mangimi OGM usati negli allevamenti). Allo stato attuale convertire l’agricoltura convenzionale in biologica significherebbe far aumentare la spesa dell’import. Ne consegue un imminente bisogno di incentivare gli studi e la ricerca sull’agricoltura biologica – solo il 3% dei fondi pubblici viene impiegato a questo scopo – perché al momento questo tipo di modello agricolo non è in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare del nostro Paese. Un passo in avanti, forse, si sta facendo con la discussione in Senato del disegno di legge n.998 dal titolo “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” con l’obiettivo di rendere più strategico e competitivo il settore del biologico. Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari Forestali e del Turismo (Mipaaft), intanto, ha stanziato 10 milioni di euro per sostenere le mense scolastiche che somministrano cibi biologici e per promuovere attività di informazione nelle scuole.